Tea party

Terence Gray si pulisce le mani sporche con un vecchio strofinaccio e si siede al tavolo della cucina: «E, con questo, dovremmo avere finito».

All’inizio del fine settimana, si è presentato alla porta di casa, sebbene io non l’avessi chiamato, e mi ha dato una mano a sistemare tutto.

Ora la sua espressione cambia repentinamente: «Faith, c’è una cosa della quale dobbiamo parlare…»

Alzo gli occhi dalla vecchia teiera con l’esterno annerito dalla fiamma. Ha la mia attenzione.

«Ascolta, lo sceriffo mi ha fatto fare delle ricerche su di te… Minacce, assalto a mano armata, lavori sociali… Si può sapere che cazzo è successo nel tuo passato?»

Alzo gli occhi al cielo. Dovevo immaginare che sarebbe successo. «Senti, Terry… sinceramente, non sono affari tuoi».

«Sono affari miei dal momento che lo sceriffo mi ha chiesto di tenerti d’occhio e di non lasciarmi influenzare dai miei sentimenti per te».

La mia espressione diventa dura. Sono stata tradita; di nuovo. «Quindi è per questo che sei venuto qui? Per sorvegliarmi?!»

«No, ti sbagli. Sono venuto qui perché eri mia amica, e perché volevo delle risposte da te».

«Eccoti le mie risposte». Gli alzo il dito medio in faccia. Indico la porta col braccio disteso, imperativa: «Fuori dalla mia cazzo di casa! Subito!»

Dalla sua espressione, ne sono certa, è ferito come un cane preso a calci. Qualcosa dentro di me muore, ma sono troppo incazzata per cedere ai sentimentalismi.

Il vicesceriffo Terence Gray si alza dalla sedia, si volta ed esce dalla porta di casa con dignità, chiudendola in maniera composta ed educata, nonostante tutto.

Il suo pick-up parte e io sento la voce dei Messaggeri nella mia testa: “Seguilo”.

La teiera comincia a fischiare.

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