La preda più pericolosa
Cammino con una parvenza di tranquillità per le strade di Black Mountain. Ho le mani nelle tasche della giacca di pelle per proteggerle dal freddo mattutino. Ho smesso di correre per non dare nell’occhio, ma il pensiero che anche lo sceriffo Talia Hester sia un morto vivente mi attanaglia. E non solo: mi sento in colpa anche per aver abbandonato Terry.
Mentre costeggio il distributore di benzina, passo davanti al diner. Alla vetrina c’è una donna avanti con gli anni di chiara ascendenza nativa americana che legge il giornale mentre mi lancia occhiate in tralice. Continuo a camminare. La sua attenzione ha lasciato la lettura per dedicarsi completamente a me: mi fissa senza dar cenno di voler smettere.
Mi giro esplicitamente verso di lei con uno sguardo da “Che cazzo vuoi?!”. Mi scruta ancora per un lunghissimo istante, come se mi stesse scandagliando l’anima, poi torna al suo giornale.
Mi volto. Quello che vedo mi fa sussultare per un istante. Davanti alla pompa di benzina, c’è un veicolo che si sta rifornendo e mi venisse un colpo se il proprietario non è Jake Ferrell. Ostenta “soltanto” un brutto ceffo e dei capelli lunghi e unti, ma io so cosa si cela sotto la sua maschera di normalità. Se lo sceriffo è uno di loro, non mi stupisce che sia ancora in libertà. In ogni caso, meglio così: se avessero tentato di catturarlo, qualcuno si sarebbe di certo fatto male.
Non sembra avermi riconosciuto e mi dà le spalle, il che mi regala qualche attimo prezioso per agire. Non avrò un’altra occasione così ghiotta. Non posso attaccarlo qui, davanti a tutti, ma c’è qualcos’altro che posso fare.
Alcuni pensano che siamo delle superarmi create dal governo, ma secondo me sono tutte cazzate. Il punto è che noi cacciatori, dal momento della nostra infusione, riceviamo dai Messaggeri alcuni doni particolari: dei “vantaggi”. Io ne ho uno molto diretto: posso rendere incandescenti gli oggetti prima di sbatterli in faccia ai “cattivi”. Molto utile, terra terra; ma c’è di più.
Metto una moneta nel distributore automatico dei quotidiani e ne prendo uno. Lo alzo ad altezza volto, fingendo di leggere, mentre vado nella direzione di Ferrell. Lo urto simulando distrazione, mi scuso. Il mio giornale cade. Fa il gentile, lo stronzo: lo raccoglie e me lo porge, con un accondiscendente «Faccia attenzione, signorina». Quel che importa è che non sembra avermi riconosciuta, e che sono riuscita a toccarlo.
Mi allontano. Caro Jake Ferrell, ora ti ho in pugno.
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